mercoledì 21 marzo 2018

Note di release 6.0 - intermezzo

“…Sì grazie, il solito”
Il solito tavolo sulla terrazza, il solito bicchiere di vino bianco.
L’aria fresca accarezza le foglie della siepe appena sbocciate e il mare lontano sembra quasi una cornice inevitabile.
Il cielo è privo di colori e il sole sembra essersi nascosto, senza impegno. 
Tutto è piu’ tranquillo, nei colori tenui di questa primavera che non vuole arrivare.

E’ proprio il grigiore della giornata che crea una atmosfera di inusuale intimità.
Intimità fra me e me che il riverbero della luce, se il sole volesse paventarsi, potrebbe solo attenuare, quasi disturbare.
Non cerco nulla che non sia la piu’ semplice sensazione del niente che cerca me.
Il piccolo tavolo di ferro appoggiato alla ringhiera sembra quasi stanco di sopportare la ruggine che da tempo, pur senza particolare insistenza, cerca di conquistarlo.
Mentre su di esso una rosa rossa solitaria nel suo lungo gambo dondola insicura fuori dallo stretto vaso che la sostiene.

Sembro sorridere, ma è solo l’impressione di una espressione priva di una vera emozione esteriore, mentre mille pensieri si rincorrono e poi si accavallano fino ad annullarsi, lasciando spazio al nulla. 
O semplicemente lasciando spazio.

Forse vorrei sentire un rumore, un sospiro o semplicemente un profumo per rompere l’equilibrio, per costringermi a voltarmi.
E quasi chiudo gli occhi per cercare di assaporare l’illusione di un evento inaspettato.
E’ quando il tempo resta sospeso che forse riesco a dare un senso al tempo stesso.

L’aria fresca sembra attenuarsi quasi per non disturbare e solo allora mi accorgo che il silenzio diventa musica, per chi lo sa ascoltare.



giovedì 1 marzo 2018

Note di release 6.0 - foundations: Condove


Sono nato a Condove e non per modo di dire, ci sono nato veramente.
Era la fine degli anni 50 e d'abitudine si nasceva ancora in casa, con l'aiuto dell'ostetrica.

Non che io me ne ricordi, ma me lo hanno raccontato molte volte, piu' con fierezza che con nostalgia, con la stessa fierezza con cui, in tutti questi anni, continuo a scrivere "Condove" su qualunque dichiarazione che mi chieda il luogo di nascita.

E a Condove sono cresciuto.
Andando alle Scuole Elmentari di "piazza Martiri", dove i maschi entravano a sinistra con i loro grembiuli neri e il fiocco blu, mentre le "femmine" entravano dall'altra parte e quasi nessun "Mose'" riusciva a separare le "acque" che ci dividevano. Vivevamo di sogni guardando oltre il parco della "Rimebranza" (si chiamava cosi', se non ricordo male)
La piazza non era asfaltata e nessuno se ne lamentava, anzi per noi ragazzi era un lusso dovendo giocare con la trottola, con le biglie e con le figurine. E il ritmo del paese lo scandiva il fischio della "Monce", e anche di questo nessuno se ne lamentava. Mio padre veniva a casa per il pranzo e al secondo fischio tornava in fabbrica. Quando la fabbrica non ha piu' fischiato è finita un'epoca. L'epoca dei biliardi, dal bar Mario al Gallo, fino alla Stazione e per chi se lo ricorda il bar di "Maggio". I glicini e i dondoli del bar Mario erano erano molto di piu' di un punto di ritrovo, erano un punto di raccolta, cosi' come il campo di calcio dove al pomeriggio anche gli operai che uscivano dall'Omnia venivano a tirare due calci, con gli scarponi da lavoro e la tuta blu. Il cinema (peraltro di famiglia), la Bocio, il tennis, il calcio, il basket, la pallavolo….

Sono diventato grande a Condove, cresciuto nella cultura dell'accoglienza (la grande fabbrica, l'immigrazione, l'integrazione), abituandomi a discutere e soprattutto ad ascoltare. I cineforum delle Acli, le discussioni con Don Viglondo, i centri culturali, il gruppo 33, gli obiettori. Non ci si azzuffava, si discuteva. Ci si arrabbiava forse. Eravamo tutti fieri del nostro paese. Il piu' bello della valle, con la sua piazza ariosa, il viale alberato, la sua montagna.

E poi sono diventato uomo, e poi padre a Condove.
Un giorno quasi inconsapevolmente, come spesso accade per tutte quelle cose che cambiano la vita senza averle pianificate, sono partito per un viaggio, un lungo viaggio in giro per il mondo. Per seguire la mia curiosità, la voglia di vedere cose diverse, la voglia di vivere in modo diverso. Lentamente ho lasciato la quotidianità, ma portando sempre con me il colore della montagna, l'aria frizzante del mattino, l'immagine del triangolo magico (via Roma, via Battisti, il viale), le villette di via Gramsci, la dove sono nato.
Sono passati molti anni, ma a Condove ci torno spesso anche se raramente mi fermo.
E vedo ragazzi che passeggiano lungo il mio "triangolo", ragazzi che non conosco, ma immagino cresciuti come me in questo paese (forse non piu' "nati") in questi miei 20 anni di assenza. Chissà chi sono, chissà come vivono "Condove" adesso.
A me, nonostante i cambiamenti, quando percorro le vie del paese sembra di respirare la stessa aria di allora.
E non mi interessa se sui "social" ed in particolare sulle "pagine" del mio paese vedo molta gente carica di rabbia o di presunzione, forse di frustrazione, pronta a lamentarsi per due dita di neve, per un cacca di cane o per una macchina parcheggiata male. Per me Condove è e resta un cuscino su cui appoggiare la testa prima di addormentarmi, quando socchiudendo gli occhi rivedo le immagini piu' belle di chi come me ne è ancora innamorato.
Un grazie a Vincenzo B., Giovanni F., Emanuela S., Lionello G., Andrea B., Giuliano D., solo per citarne alcuni.

Grazie per condividere un amore che non conosce gelosia.