Non è mai consigliabile scrivere di notte,
soprattutto quando la notte non passa e il sonno non viene.
Ma l’unico modo di dare forma ai pensieri ed
evitare che si prendano troppo spazio è proprio quello di vincolarli alle parole.
Domani torno in Italia, l’avventura francese e
parigina è finita.
Sono un po' triste, ma non perche’ lascio una città come Parigi e neppure perché in questa città e in questi due anni abbia
vissuto momenti memorabili, ma perché probabilmente, ancora una volta, dovrò ricominciare.
Perchè domani dovrò di nuovo rimettermi in gioco, nuovamente alla ricerca di un percorso professionale e più in generale di vita che mi renda sereno, che mi faccia vivere con tranquillità la sequenza dei giorni.
Mi chiedo: sono triste o sono semplicemente irrequieto?
Mi chiedo: sono triste o sono semplicemente irrequieto?
Ricordo con tenerezza un altro ritorno.
30 anni fa.
Tornavo dalla California dopo oltre un anno allo
SRI di Palo Alto.
Altri tempi, altra vita, altre emozioni. Forse
no.
Quello che più mi ha colpito riflettendo attorno
a questi due rientri, così lontani tra di loro, è il « dopo » .
Partivo dalla California sapendo di avere
avuto una occasione unica nella vita, di aver avuto l’opportunità di vivere un
momento emozionante e di aver incontrato persone e visitato luoghi che per
molti sono stati e sono tuttora dei miti.
Ma soprattutto tornavo con un progetto di
vita. Avevo un bisogno immenso di riversare tutto il vissuto in un ambiente di
lavoro (Olivetti) che non aspettava altro.
E avevo un progetto di vita vera con una bimba
che stava arrivando.
Anche allora salutai la porta del residence al
22 di Coleman Place di Manlo Park, dove avevo vissuto in modo quasi incredulo
quei mesi, con un cenno di tristezza. Ma sapevo dove andavo e cosa avrei fatto.
Non sapevo neppure che avrei rivisto la California, e che ci sarei tornato anche molto spesso. Ero semplicemente proiettato verso la mia nuova
vita.
Non è l’età che cambia, e neppure il vissuto.
E’ la prospettiva.
Oggi sono un po' triste non perché lascio questa
città o perché il progetto è finito.
Ma perché non è chiaro dove andrò, non so chi e
cosa mi riceverà.
Anche oggi, come allora, mi sento carico di conoscenza
ed esperienza che non vedo l’ora di trasferire e di distribuire, anche oggi come
allora so di avere fatto un salto di qualità personale e professionale.
Inoltre, ormai, ho coscienza di me stesso, consapevolezza
del mio vissuto, sono assolutamente orgoglioso della mia vita e riconoscente
della fortunata coincidenza degli eventi che mi hanno permesso di viverla.
Quindi non ho paura, non ho paranoie, non sono
in ansia.
Sono semplicemente triste, perchè invece di
consolidare tutto questo e camminare con tranquillità verso i sentieri del
futuro, non so se e dove troverò la serenità per ricominciare non importa
cosa, ma qualcosa.
E questi ultimi giorni parigini, carichi di
pioggia e nuvole, dove un luglio autunnale si contrappone al caldo torrido
dell’estate italiana, mi sembrano cornice non casuale al contesto, al tempo.
E’ ormai mattina, un timido sole fa finalmente capolino tra le nuvole come a dire « intanto parti », sicuro che
poi mi troverà a scrivere i pensieri dell’arrivo invece di quelli della
partenza, sicuro che la declinazione non sarà la stessa.
Perché partire non è scappare e arrivare non
è fermarsi.
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