sabato 10 dicembre 2011

Autunno

La foglia e’ gia’ secca quando si stacca dal ramo
Con rughe profonde
per la linfa ormai secca
e gli stomi ormai chiusi

La foglia e’ leggera quando si stacca dal ramo
Con i motori ormai spenti
e la schiena ricurva,
come un vecchio ormai stanco

La foglia e’ colorata quando si stacca dal ramo
Dipinta di rosso e di caldi colori,
un nuovo vestito, superbo e teatrale
Finalmente regina, sul palco dei fiori.

La foglia e’ felice quando si stacca dal ramo
Vestita a festa e cullata dal vento
per il suo ultimo viaggio.
Padrona di se per un piccolo momento.

La foglia sorride quando si stacca dal ramo.
….è finalmente libera.

domenica 4 dicembre 2011

rosso anima.le


A volte la chiamo Red, a volte Black, a volte non la chiamo neppure, la penso solamente.
E’ strana la scelta del nome, spesso cambia con il cambiare delle stagioni.

Red e’ viva, presente, travolgente.

Mi avvolge la mattina appena mi sveglio.
Ancora prima di prendere coscienza con il mondo Red mi racconta come sara’ la giornata.
Mi corre incontro, a volte spaventata, a volte piena di speranze, a volte semplicemente scodinzolando.

Sempre in movimento, sempre in agitazione con il suo pelo lungo e morbido che la ricopre come un mantello.
E’ facile giocare con lei, scoprire giorno per giorno cosa si nasconde sotto quel mantello, fino a riconoscerne i suoi aspetti piu’ intimi.
Certo bisogna dedicarle qualche attenzione, superare qualche piccola ritrosia. Non fermarsi alla prima carezza.

Ogni tanto, stagionalmente, diventa semplice e pura davanti al mondo. Senza peli, solo la sua essenza. Quasi come una purificazione verso le stagioni che passano.

E’ così aperta, disponibile al mondo che a volte il mondo approfitta di lei.
Ma è con le persone piu’ care, che Red  vorrebbe dare tutta se stessa, esprimere tutta la sua gioia. 
Spesso sono proprio io a trattenerla, un po’ per gelosia, un po’ perché penso che troppa gioia le potrebbe forse far male.
E così Red si trattiene e si nasconde. Istintivamente prudente, stupidamente spaventata da quella sconosciuta emozione che si chiama felicità.
Cosi’ incredibilmente fragile nella sua forza che e’ facile spaventarla, e ancora piu’ facile ferirla nella sua spontaneità.

E allora può anche ritrarsi, e a volte reagire fino a ferire.
Si, può fare del male Red, ma senza cattiveria, involontariamente. Anche perché basta un semplice gesto di affetto, una piccola attenzione, una carezza per ricreare l’intesa e la complicità. Per ritrovare e catturare la sua fedeltà, per sempre.

A volte é così reale, così presente che influenza ogni istante della mia vita, che entra in ogni decisione, che condiziona il mio umore, le mie espressioni, le mie relazioni.

E’ impegnativa Red, ingombrante, a volte imbarazzante, però mi piace Red, mi piace conviverci.

E poi è così grande Red, immensa…. quasi infinita…

E pesa solo 21 grammi.


giovedì 17 novembre 2011

A volte...

A volte basta poco.
Un pallone, un prato verde, due sconosciuti che corrono al tuo fianco.

A volte basta veramente poco,
uno sguardo e un sorriso, un gesto di semplice complicita’.

A volte basta un nulla.
una carezza, uno sfioramento, quella sensazione familiare di intimita’

A volte basta quasi niente,
un cielo azzurro, il sole che si riflette sul mare, una improvvisa folata di vento

A volte basta guardarsi negli occhi, a volte... guardare nella stessa direzione.

A volte basta un bacio....

domenica 9 ottobre 2011

...e oggi il mondo è più povero

Ci sono uomini che vedono meglio e più lontano di altri.

E’ come se avessero degli occhiali magici, riescono a vedere quello che a noi non appare.

Qualcuno la chiama genialità altri la chiamano intelligenza, io la chiamo “vista”.
Ci sono uomini che hanno il coraggio delle proprie visioni, con la consapevolezza che si tratta di realtà e non di allucinazioni.

Quegli stessi uomini che hanno poi il coraggio di affrontare e realizzare ciò che “vedono”, senza lasciarsi influenzare da quello che dovrebbe essere normale, dal comune senso del pudore.

Ogni giorno milioni di nuovi individui vengono al mondo ed altrettanti ci lasciano, con la speranza che il quotidiano ed eterno ricambio porti ad un mondo migliore.

Un mondo dove eventuali “mutanti”, individui capaci di vedere oltre, abbiano non solo il coraggio, ma anche lo spazio, gli strumenti, l’attenzione, le possibilita’, per spiegarci quello che “vedono”, per realizzare i loro progetti.

Oggi uno di loro, un grande, se ne va….. e oggi il mondo e’ più povero.

Sarebbe un segno di rispetto se oggi, solo per oggi, tutti coloro che si dichiarano: “conservatori”, “moderati”, “responsabili” avessero il pudore, almeno per un giorno, di stare ZITTI.…..

martedì 20 settembre 2011

Luci...

A volte nelle domeniche invernali tornavo alla piazza del mio paese, un po' per caso, un po' per istinto.
Ci capitavo sempre verso le sette di sera quando la gente usciva dalla messa, l'ultima della domenica.
Sapevo che avrei incontrato mia mamma, con gli occhialoni e il bastone, che lentamente tornava verso casa.
E sapevo anche che mi sarei fermato per darle un passaggio. Senza troppi fronzoli, senza parole.

Qualche volta andavamo a mangiare una pizza.

Mia mamma era una donna attenta e parsimoniosa, ma tornando verso casa notavo che lasciava sempre le luci accese.
"Lo faccio apposta" - diceva - "cosi i ladri non vengono perche' pensano che ci sia gente in casa".

Non so perchè ma una sera con gli occhi umidi scendendo dall'auto mi disse:
"Sai, non e' vero che lascio le luci accese per i ladri. E' perche' cosi' mi illudo che quando apro la porta c'è qualcuno che mi aspetta".

Non ricordo se notai anche una lacrima sul suo viso. Lei sicuramente notò la mia.

Sono passati gli anni e io passo raramente davanti a quella casa, ma fortunatamente le luci sono sempre spente e le tapparelle abbassate.
Non sopporterei la visione di quella luce.

Io, invece, a volte spengo tutte le luci anche quando sono in casa.
Non mi fa paura il buio nè lo amo particolarmente, ma forse anch'io lo faccio per una illusione.

Al buio ci metto molto piu' tempo ad accorgermi che sono da solo.



sabato 4 giugno 2011

...nel giorno del suo/mio compleanno



Rosetta

Passano alcune musiche, 
ma quando passano la terra tremerà, 
sembrano esplosioni inutili, 
ma in certi cuori qualche cosa resterà, 
non si sa come si creano, 
costellazioni di galassie e di energia, 
giocano a dadi gli uomini, 
resta sul tavolo un avanzo di magia. 

Sono solo stasera senza di te, 
mi hai lasciato da solo davanti a scuola, 
mi vien da piangere, 
arriva subito, 
mi riconosci ho le scarpe piene di passi, 
la faccia piena di schiaffi, 
il cuore pieno di battiti 
e gli occhi pieni di te. 


Sbocciano i fiori sbocciano, 
e danno tutto quel che hanno in libertà, 
donano non si interessano, 
di ricompense e tutto quello che verrà, 
mormora la gente mormora 
falla tacere praticando l'allegria, 
giocano a dadi gli uomini, 
resta sul tavolo un avanzo di magia. 

Sono solo stasera senza di te, 
mi hai lasciato da solo davanti al cielo 
e non so leggere, vienimi a prendere 
mi riconosci ho un mantello fatto di stracci. 

Sono solo stasera senza di te, 
mi hai lasciato da solo davanti a scuola, 
mi vien da piangere, 
arriva subito, 
mi riconosci ho le scarpe piene di passi, 
la faccia piena di schiaffi, 
il cuore pieno di battiti 
e gli occhi pieni di te. 

Sono solo stasera senza di te, 
mi hai lasciato da solo davanti al cielo 
vienimi a prendere 
mi vien da piangere, 
arriva subito, 
mi riconosci ho le scarpe piene di sassi, 
la faccia piena di schiaffi, 
il cuore pieno di battiti 
e gli occhi pieni di te. 

giovedì 26 maggio 2011

Non bisogna avere paura


E se provassimo a guardare avanti, senza fermarci troppo tempo ad analizzare se siamo in crisi, quanto durerà la crisi, se la crisi e’ finita?

Proviamo ad immaginare ruoli, strategie, politiche di gestione che possano essere così flessibili e dinamiche da non dover essere messe in discussione da ogni battito d’ali di un farfalla dall’altra parte del mondo.

Come partire per un viaggio attrezzati a tutte le intemperie, con gli strumenti, la consapevolezza, la conoscenza ma soprattutto la tranquillità di poter arrivare alla meta, a prescindere dagli ostacoli che s’incontreranno per strada.

Dovremo essere in grado di prendere decisioni veloci, a volte istintive e non necessariamente supportate da ogni tipo di approfondimento possibile. Cosi, come nella vita di tutti i giorni.

Allora la scelta di uno standard, il coraggio di lanciare un progetto, la modifica di una procedura, la decisione per un investimento, devono essere fatti con la consapevolezza che potrebbero anche non essere corretti.

Semplice.
Bisognerebbe non avere paura di sbagliare e non avere paura di un fallimento, ma semplicemente essere pronti a gestirlo. Sapendo quali rischi si corrono e quali azioni saranno necessarie nel momento in cui si dovrà nuovamente correggere la rotta.

Io vorrei non avere paura a gestire un progetto che potrebbe fallire. Come tirare un rigore e sapere che potrò sbagliarlo.

Un manager e ancora di più un CIO dovrebbe abbandonare il ruolo storico, quello del “portiere” di una squadra di calcio. Solido, rigoroso, affidabile. Bravo solo se fa il suo dovere, ma una disgrazia al primo errore, alla prima “papera”.

Ed il CIO, che forse è stato il piu’ “portiere” tra i manager aziendali, dovrebbe finalmente provare ad essere un “attaccante” capace di assumersi i propri rischi, con il coraggio di tirare anche da lontano, e non solo a porta vuota!
Il mondo cambia sempre più velocemente e l’azienda classica e’ sempre piu’ immersa in questo cambiamento.  
I confini tradizionali (sicuri e confortevoli) sono ormai superati.

Prepariamoci a sbagliare….

domenica 3 aprile 2011

Ma se il Cio fosse.......

Se fosse un animale, che animale sarebbe….
Sarebbe un orso. Chiuso sui suoi pensieri e nei suoi problemi, ma sempre disponibile a trovare una soluzione, a dare un supporto spesso con un grugnito o un tacito assenso.
Per poi diventare, alla fine, quall’orsacchiottone che tanto si è amato e che forse non ha mai fatto veramente paura quando, alla fine della storia, si passa dai fatti alla cronaca sconfinando nella fiaba per diventare leggenda.

Se fosse un personaggio dei fumetti….
Facile, Paperino. Brontolone, sempre in lotta con il mondo. Pieno di buoni propositi, convinto di poter condividere con lo Zio Paperone non solo le sfide, ma anche le vittorie. Pronto a buttarsi nella prossima avventura portandosi dietro gli amati nipotini, se e solo se in grado di garantire loro la massima sicurezza.

Se fosse un fiore
Probabilmente un girasole, ma non per sua volontà. Costretto ad allinearsi con il business ovunque questo si orienti. A volte rinchiuso su se stesso, quando le strategie del business tacciono, visto che non sempre gli viene chiesto da che parte andare.

Se fosse un giorno della settimana
Il lunedì. Per avere una settimana davanti a se’, un orizzonte lontano verso cui guardare, alla ricerca del tempo e dello spazio necessario e mai sufficiente per trovare il giusto equilibrio tra le incombenze quotidiane (quelle per cui è pagato) e i grandi progetti di strategia e di trasformazione (che farebbe anche gratuitamente)

Se fosse un gruppo musicale….
Troppo facile: I Pink Floyd.

E se fosse un personaggio storico?
No, questo no. Il CIO non potrà mai essere un personaggio storico!

(l’autore si scusa per essersi lasciato influenzare un po’ troppo da se stesso…)

giovedì 17 marzo 2011

Fratelli d'Italia....

Come il popolo dei neri d’america: fratelli.

E i fratelli non si odiano.

Neppure quando rubano, nell’ignoranza della giustizia, nella presunzione della furbizia.
Fratelli che si cercano, che si amano, anche quando vivono con principi e valori diversi.

Fratelli fieri di esserlo, sempre e comunque.

Da fratello mario, giuseppe, carmine, felice... a fratello giotto, dante, petrarca, galileo, leonardo, macchiavelli, michelangelo, cesare, scipione, mazzini, foscolo, manzoni, alfieri, garibaldi, pisacane, mameli, fermi, marconi, meucci, toscanini, puccini, verdi, caruso, fellini, rossellini, toto’, de andre….
E poi fratello falcone, borsellino, della chiesa, matteotti, d’acquisto....

Perche’ poi arriva un Fratello, piu’ fratello di altri che dice “I have a dream”.

E perche’ quel sogno un giorno si avvera.

Buon compleanno Italia e tanti auguri fratelli.

martedì 8 marzo 2011

We don’t know what we don’t know

Come tutti sappiamo la linea Maginot venne costruita dai francesi per proteggere i propri confini dagli invasori.

Praticamente uno dei primi firewall della storia.
Ma fu un fallimento.

I 1000 anni di storia dalla Muraglia Cinese alla linea Maginot non avevano insegnato molto.

Ritenuta invalicabile, fu semplicemente aggirata in pochi giorni dopo un breve attacco frontale di una forza civetta.

E oggi come allora l’approccio alla sicurezza è prevalentemente un tentativo di mettere insieme soluzioni robuste, ritenute invalicabili con costi non sempre banali, ma spesso costruite senza la corretta analisi del pericolo e dei rischi che si vogliono correre.

In realtà il tema della sicurezza si basa su un prinpicio banale: l’asimmetria.
Chi si difende deve prepararsi a ogni tipo di attacco, chi attacca puo’ scegliere con cura la combinazione di strumenti e la strategia piu’ adatta.

E’ per questo che i sistemi di sicurezza, vanno fondamentalmente progettati com opere originali, in grado di evolvere velocemente nel tempo, di adattarsi a cambi di strategia, di essere flessibili di fronte all’ignoto.
Un sistema di sicurezza parte dall’analisi del rischio (tipologia di rischi, livello di rischio): inutile difendersi contro tutto.

Piu’ si abbassa il livello di rischio piu’ il sistema è complesso e costoso, piu’ si alza il livello di rischio acccettabile, più il sistema diventa semplice, economico, flessibile, e spesso anche efficace.

E conseguentemente il progetto stesso dell’infrastruttura tecnologica deve basarsi sull’analisi del rischio.In altre parole non si progetta un sistema di sicurezza come optional dell”infrastruttura tecnologica, ma e’ l’architettura dell’infrastruttura il sistema stesso di sicurezza.

Ne’, ovviamente, si mette in sicurezza un sistema (sarebbe come progettare un’auto senza freni e mettere i freni dopo il primo incidente)
La sicurezza e’ poi qualcosa che va gestito attraverso strategie, strumenti, leve di controllo.
Si può naturalmente cambiare il livello di rischio, intervenendo su parametri ben definiti, ma la strategia generale e la tipologia del rischio resta sempre legata all’architettura delle scelte iniziali.

Insomma regole semplici, il giusto buon senso che a differenza della tecnologia non è così largamente diffuso e disponibile.

venerdì 11 febbraio 2011

ieri, 5 anni fa...


 

.....5 anni, mi sembra ieri.

Sono sicuro che un momento di sottile emozione ha percorso i nostri pensieri, ognuno di noi con dignità e nella propria intimità ha rivissuto per un attimo quelle emozioni irripetibili.

Che fortuna che abbiamo avuto.

Ma questi 5 anni mi sembrano un'eternità se guardo il mondo che mi circonda, se accendo la televisione, se leggo gli articoli sui giornali.
Io non voglio mescolare quelle mie emozioni, quei valori, quell'umanità, quell'esperienza di vita umana, sociale, professionale con il clima di degrado che vedo intorno a me.
Forse è questo inconsapevole istinto di protezione verso quei valori che ha generato un dignitoso e riservato ricordo.

A volte il silenzio fa più rumore di una folla urlante.

domenica 30 gennaio 2011

...qualche eroe in piu', qualche mito in meno!!

Io credo che tutti coloro che ricoprono importanti cariche politiche (di rappresentanza) che richiedono assoluta integrità etica e morale, a fronte di evidenti (anche se non comprovate) situazioni di criticità, ricattabilità, imbarazzo... debbano lasciare per dignità e senso di responsabilità la posizione che ricoprono.

Perche’ chi e’ chiamato a rappresentare il bene comune, chi riceve delega per decidere interessi, strategie ed investimenti di una intera nazione, deve essere nella più assoluta, naturale e neutrale situazione di tranquillità interiore, per poter agire al di sopra di ogni sospettabile forma di condizionamento.

Io credo che la gestione della cosa pubblica, benché regolata da scelte democratiche e influenzata da principi politici discrezionali e soggettivi, debba comunque rispettare ogni altra interpretazione, ogni singola ma dignitosa minoranza.

Ecco perché io pretendo da chi si propone di garantire i miei più basilari diritti, per sua scelta e non per ordine divino, la più assoluta integrità etica e morale.

Io che personalmente non sono in grado di garantire tale integrità mi adeguo alla mia vita di semplice cittadino, con le mie debolezze, i miei vizi e le mie poche virtù....

martedì 4 gennaio 2011

Cloud eravamo e Cloud ritorneremo

Erano gli albori degli anni 80, i primi personal computer vivevano la loro adolescenza, ma ancora non si capiva bene quale sarebbe stato il loro futuro.

Noi, allora, eravamo tutti in cloud.

Io avevo uno stupendo pc (emulatore di terminale) senza disco, senza sistema operativo, senza niente.

Si chiamava VT100 ed era prodotto dalla Digital (DEC).

Era bellissimo, bianco e nero, con la tastiera imponente e la porta seriale per la connessione (rs232).

Lo accendevo ed ero “nel sistema“, ero nel Cloud!
Altri sistemi erano connessi e mi spostavo da uno all’altro, saltando tra le nuvole (uucp).

Scrivevo messaggi (….si chiamavano già email) che depositavo nelle “mbox“, quelle locali, dei colleghi collegati (….ah, ecco da dove arriva il termine “collega“!!).

Un giorno mi regalarono una scatoletta di plastica, grande poco meno di una scatola di scarpe.

Aveva due grossi buchi rotondi, e due cavi in uscita (uno era un “cavo seriale”).
Si chiamava “accoppiatore acustico“, un quasi modem a 300 baud.
Presi la scatola e il VT100 e li portai a casa.

Collegai il tutto, presi la cornetta del telefono e la infilai nei due buconi.
Ci fu un lungo gorgoglio (handshake) e poi il VT100 cominciò a lampeggiare……
Ero nel Cloud, da casa.

Scrissi una email, e mandai anche un messaggio in tempo reale ad un collega-collegato.
Io stavo in California, i miei colleghi in Italia. (…..e il cloud si chiamava Olivetti).

Era il 1985.

Siamo nel 2011 e Google annuncia una novità rivoluzionaria. Si chiama CR-48.

Non ha nessun dispositivo per memorizzare localmente i dati: si collega al Cloud.

Chissà se sara’ più bello del mio VT100?!