sabato 22 dicembre 2012

Intimità


Non conoscevo Roberto prima di questa sera e neppure Sara.
E non avrei mai immaginato di conoscerli.
A volte le cose succedono perché sei in sintonia con il tempo o semplicemente perché hai voglia di ascoltare una storia.

Roberto e Sara si son sposati oggi. Sono bellissimi.
Ma il bello è che Sara, solo stamattina, non avrebbe neppure lontanamente immaginato l’evolversi della giornata, semplicemente perché’ per lei doveva essere una semplice e normale giornata come le altre.
Ma Roberto aveva altre idee per la testa.
Roberto e Sara aspettano un bambino.
Sono felici, si amano da 5 anni, vivono in una stupenda fattoria con gli ulivi, gli animali e due cavalli.
Ma hanno grandi sogni.
E stamattina sono partiti alla ricerca delle radici, in un piccolo palese delle Langhe, dove lei aveva ricordi di bambina e lui eredità’ di bisnonni.

Non tutto succede per caso.
Il paese era tutto addobbato a festa, si diceva che il comune avesse organizzato una mostra fotografica, con l’inaugurazione prevista dopo la messa.
Sara, curiosa, voleva subito andare a visitarla, dopo il primo giro delle cantine del mattino.
Ma la mostra in realtà era ancora chiusa.
Solo dopo il pranzo in un locale della zona, Roberto prende la mano di Sara e dice, andiamo a vedere la mostra: “La strada comune”.
Sara si stupisce di vedere il sindaco in uniforme con la fascia tricolore, e soprattutto di veder Eugenio e Francesca i loro più cari amici, che ridono e piangono senza un motivo particolare.
Sara si volta, Roberto è un po’ più indietro e sorride.
“Non è la mostra”, dice Roberto, “è la nostra festa”.
“Ma quale festa, amore?”
“Il nostro matrimonio…..”
Sara, non capisce, non ci crede, guarda Roberto, il sindaco, gli amici, i piccoli manifesti, che non aveva letto.
E capisce. E piange.
Anche Roberto piange. Le prende la mano e il sindaco li precede per la loro festa.
Che coraggio Roberto, tutto organizzato di nascosto con l’amico Eugenio.
Le firme false per le pubblicazioni, gli accordi con il sindaco, il viaggio, le fedi, il pranzo, i testimoni, le musichette con l’Ipad. Tutto senza che lei sapesse nulla.
Che coraggio a non avere dubbi. A crederci fino in fondo.
Che intimità, che complicità nel sapere che era la cosa giusta, l’azione più bella.
Ora Sara ride e racconta la sua storia, la telefonata con i genitori, ancora attoniti e stupiti.
Forse sta pensando a come racconterà la storia alla creatura che porta in grembo, Roberto sorride tranquillo.
E io li guardo con una ammirazione infinita. 
Mi specchio nel bicchiere e pieno di fiducia nel mondo sorrido.
Adesso lo so, domani sarà un bel giorno.
Grazie Roberto, grazie Sara.

giovedì 20 dicembre 2012

Buona fine del mondo.....

....e se dopo la fine di questo "mondo" nascesse un'altra umanità, mi auguro che la prossima volta il Divino crei prima la donna e poi l'uomo.

Se così sarà la Donna potrà dare al Divino, oltre alla propria costola, anche tutte le sue più dettagliate osservazioni e suggerimenti per evitare sorprese.

IL/La Divino/a impiegherà un po' più dei fatidici 6 giorni, ma ne sarà valsa la pena!!!

Io invece, se mai tornassi ad esistere in quella nuova umanità, sarei felice di poter incontrare le stesse donne che hanno popolato a mia vita. Così, smeplicemente, come le ho conosciute e vissute in quella attuale.

E comunque non è detto che anche nell'eventuale aldilà non le vada a cercare....

Ci vediamo...


martedì 18 dicembre 2012

630 anni dopo...

Forse è perche' si sta avvicinando la fine del mondo, ma anche io mi sento circondato da un alone di romanticismo misto a malinconia, al netto della nostalgia.
Il tutto condito da una dose ancora vispa di gustosa voglia di vivere, condividere, esplorare e perche' no: sperare.

Erano passati 35 anni da quella calda estate del '77 e credo che nessuno di noi sia riuscito ad evitare un pensiero a tutto il tempo trascorso, alla vita vissuta, lungo la salita innevata dei tornanti della Certosa.

Quanti eravamo quella sera? 18? 
....630 anni di vissuto......  non male...

Che fortuna cha abbiamo avuto (quasi tutti). 
Non so quali fossero le aspirazioni di quei baldi giovanotti nell'estate del '77, ma sono sicuro che ognuno di noi ricorda la paure, le insicurezze, anche se spesso nascoste dalla voglia di vivere o forse meglio, di scoprire.
E di sognare.
Tutto poteva accadere, non solo grandi successi, ma grandi fallimenti, vicissitudini, speranze stroncate, sofferenza.

Invece eravamo tutti li, come allora. Quelle stesse persone, libere dai vincoli della timidezza adolescenziale, sicuri di quello che siamo diventati, tranquilli nelle nostre personalità.
Che fortuna ritrovarsi in sintonia, 630 anni dopo.

Perchè io ero io, davvero, quello che sono adesso. E cosi' penso ognuno di noi.
Non mi ero calato nello studente del Liceo. 
Ero proprio io, quello che sono adesso: 54enne invecchiato, ma fiero e consapevole della mia vita, dei miei pochi capelli, delle mie rughe e del mio sempre rude e spigoloso carattere.
Non avevo niente da nascondere e ancora meno da far scoprire a chi mi ha conosciuto da sempre.
E' stata la conferma di essere noi stessi che ci ha reso sereni, che ci ha fatto venire voglia di vederci piu' spesso.
Di conoscere ancora di piu' chi siamo, cosa siamo stati, e magari in futuro anche di quello che avremmo potuto o voluto essere.

Poco spazio abbiamo lasciato alle nostre vite vissute, ai figli (se non per meri fini statistici), mariti, mogli, amanti, capi ed aziende. Poco niente, eravamo solo noi.
Con le nostre sensazioni, qualche curiosità, ma prevalentemente sguardi, sensazioni, qualche ricordo. Piu' per consolidare il presente, che per rinvangare il passato.

Avremo tempo per ricordare la settimana bianca, i nomignoli, i finti lavori in corso con la classe di fianco, la maniglia per il bagno privato, le partite di calcio con il cancellino, il bob fatto con le sedie nel corridoio, le partite a ping pong da abrate (quello che abitava piu' vicino alla scuola), l'autostop per salire al colle, le finte bombe per non fare lezione, le sigarette fumate di nascosto, le fughe al bar del castello, le formule di algebra scritte sul muro, i bigliettini di latino, la prof. di filosofia con la maglia traforata, il prof di inglese che non insegnava inglese, i bigliettini di angelini,....

Magari un giorno ricorderemo con tenerezza Giuliana, che non vogliamo nominare.......

Adesso abbiamo ancora tante cose da fare, da raccontare, Maya permettendo....




giovedì 15 novembre 2012

Soldato blu

Gente per la strada, rumori, voci, risate.
Mi sono trovato in mezzo a decine di persone che camminavano in mezzo al corso.
Ragazzi allegri, con lo zaino in spalla, sciarpe colorate, jeans, scarpe consumate.
Qualche bandiera...

Poi davanti a tutti un camioncino, in testa al corteo, ma con il retro aperto verso il corteo.
Un microfono un altoparlante. 
Mi sembrava fuori luogo. Non ce n'era bisogno.
Perche' gridare al corteo?
Perchè incitare con frasi forti. Con voce collerica.
Perchè' non parlare alla popolazione, che con sguardo infastidito continuava la vita di sempre?

Ho superato anche il furgone e mi sono trovato dall'altra parte.

Altri ragazzi.
Non stavano passeggiando. No. stavano arretrando, con passi incerti.
Sguardi preoccupati, visi tirati, anche loro guidati da un furgone che li accompagnava un po' piu' indietro.

Solo che non avevano lo zainetto, non ridevano.
Avevano un casco in testa, uno scudo in mano. Una divisa blu.
Perche' tutta quella paura? 

Ero li in mezzo, tra due colori. Il rosso del corteo e il blu.

Io, semplicemente, senza nessun disagio, almeno non per me, per la mia incolumità.
Ma quei ragazzi in divisa blu mi hanno colpito.
Avevano paura. 

Il corteo è proseguito e io non so cosa sia successo dopo, chi abbia iniziato, chi si sia infiltrato.
Qualcosa è successo che ha rotto quell'equilibrio.
Nessuno lo dice, nessuno lo racconta. Solo foto e cronache di parte, a fatti accaduti.
Non voglio commentare le foto dei poliziotti feriti, ne' dei manifestanti picchiati. 
Troppo facile riprendere un frammento, un foto, per farne demagogia.
Da una parte e dall'altra.

Poi leggo un post "soldato blu", dove non si analizzano i fatti, non si cercano le origini della violenza, non si cercano eventuali infiltrati sobillatori.
Con aria saccente si chiede a quei ragazzi impauriti di togliersi l'elmetto e lo scudo.
(si, impauriti, li ho visti da vicino, ho cercato i loro sguardi sotto la visiera dell'elmetto)

Affascinante, bella l'immagine, ma mi chiedo:
Chi lo ha scritto conosce la paura?  Ha visto cosa è successo? 
E' d'accordo sull'occupazione e sulla distruzione?
Se si fosse trovato in quel gruppo, con il superiore che ha inculcato la paura, obbligato ad indietreggiare, non conoscendo quando, come e chi avrebbe prima o poi scatenato una qualche rissa, quell'autore del post, allo stesso posto, si sarebbe tolto l'elmetto?

Certo, bello il titolo: Soldato Blu.

Però preferisco ricordare che "Soldato blu" è il titolo di uno dei piu' grandi film della storia dell'epopea western americana. Il primo film importante schierato in modo esplicito dalla parte degli indiani d'america. Un racconto di ferocia, di massacri.
La storia del massacro di Sand Creek.

Soldato Blu, il primo soldato che si è tolto l'elmetto. Ferito e trascinato in catene.
Lui che ha cercato prima di tutto di convincere i propri superiori.
Lui che amava la stessa donna del capo indiano (peraltro una stupenda Candice Bergen), curato e salvato dallo stesso uomo. 

Io preferisco lasciare il mio ricordo "Soldato blu" al soldato Honus, al coraggio di Katy, alla dignità di Lupo Pezzato.

Al massacro di Sand Creek: 
....chiusi gli occhi per tre volte, mi ritrovai ancora li'
chiesi a mio nonno:"E' solo un sogno?", mio nonno disse "Si'"
...a volte i pesci cantano nel letto del Sand Creek
Sognai talmente forte che mi usci' il sangue dal naso
il lampo in un orecchio, nell'altro il paradiso....
(Fabrizio De Andrè - Fiume Sand Creek)


lunedì 12 novembre 2012

Infinita.mente

Non lo sapevo.
Ti stavo baciando dolcemente, cosi' con naturalezza.
Non potevo pensarlo.
Ho passato la mano tra i tuoi capelli, senza malizia.
Ma se lo avessi saputo?
Poi ti ho guardata negli occhi, come sempre.
No, non potevo proprio immaginarlo.
Solo ora a distanza di tempo me ne rendo conto.

Era l'ultima volta che ti stringevo tra le braccia, e non lo sapevo.

Come tante altre volte, solo che era l'ultima volta.

Come l'ultima volta che ho parlato con mia madre,
l'ultima volta che ho abbracciato mio padre.

Quell'ultima volta.....

Come l'ultima volta
che sentirò il sole sulla pelle,
che ascolterò il rumore della pioggia che cade,
che vedrò il mare,
che farò l'amore.

Quell'ultima maledetta, ma bellissima volta...

domenica 11 novembre 2012

Estate di San Martino

Guardate fuori dalla finestra, c'è il sole.

E' l'estate di San Martino.

Ricordo quanto mi affascinava la leggenda di San Martino quando ero bambino.
Mi ha sempre affascinato, tanto che non ricordo in tutta la mia vita un 11 Novembre non riscaldato dal sole.
Martino era figlio di un ufficiale dell'esercito, giovane e bello con il suo cavallo, l'armatura e il grande mantello rosso.
In un freddo giorno di Novembre, sulla strada del ritorno incontra un povero vecchio infreddolito e tremolante.
Non ha con se generi di nessun tipo e l'unica cosa che può fare è tagliare metà del suo bel mantello per dare tepore e riparo al povero vecchio.
La leggenda racconta che il sole, commosso dal gesto di carità, si apre un varco tra  le nuvole per riscaldare il cavaliere generoso.
E narra anche che nella notte il mantello, come per miracolo, torna tutto intero.

L'11 Novembre, l'estate di San Martino con il vino novello e le castagne.

Ma San Martino è anche e soprattutto il giorno della scadenza dei contratti di mezzadria. 
I contadini il giorno di san Martino caricavano le loro poche cose su un carro e "traslocavano" dalla fattoria in cui avevano lavorato verso quella dove avrebbero chinato la schiena per tutto l'anno successivo.
Non grandi epopee, ma storie tristi e di povertà, legate ai ricordi contadini della mezzadria in Italia.
("se un contadino mangia una gallina, è perché uno dei due è ammalato")
Come non ricordarne la rappresentazione rassegnata de "L'albero degli zoccoli" di Olmi, o rivoluzionaria del "Novecento" di Bertolucci.

E' così che ancora oggi in molte regioni "fare San Martino" è sinonimo di trasloco.

Chissà, forse un giorno potrebbe diventare simbolo di "cambio di vita".
Alla "Olmi" o alla "Bertolucci"......

Buon San Martino a tutti.

sabato 27 ottobre 2012

Dunque...

Andiamo verso le elezioni, si annunciano primarie, ma della riforma delle legge elettorale (porcellum) non ne parla piu' nessuno.

Il direttore della protezione civile, oltre a speculare su ogni opera e sulle ceneri del terremoto, ordina di comunicare serenita' ai potenziali terremotati. 
Costui e' ancora tranquillamente a spasso, i tecnici ed esperti che incautamente si erano espressi per una "non gravità" della situazione sono stati conrdannati a 6 anni di galera.

Un certo direttore di giornale condannato per diffamazione (pare sia alla sesta condanna) si trasforma in martire e vittima del sistema. 
Oddio, nessun dubbio che la galera sia eccessiva, ma questo signore oltre a disporre consapevollmente di un potere enorme, si è rifiutato di "smentire", di assumersi le responsabilità di quanto pubblicato sul suo giornale (anche se non scritte di suo pugno), e continua a pubblicare corsivi carichi di rabbia e di violenza verbale.

Un ex presidente del consiglio plurindagato, annuncia con tempismo soprendente, la rinuncia alla candidatura, per poi scagliarsi con violenza verso la sua condanna (seppure di primo grado) come nessun altro cittadino potrebbe permettersi. E già annuncia un suo "ritorno". Senza dimenticare che gli avvocati difensori di questo signore, in quanto onorevoli, sono pagati dalla collettività.

Il celeste, ancora incollato alla scrivania del 4 mandato, annuncia una riforma con il limite dei due mandati. Nessuno mai piu' come lui, nel frattempo si prepara un posto a Roma.

Nell'attesa che anche gli esodati vengano a breve etichettati "choozy"....

...io solo qui alle 4 del mattino, l'angoscia e un po' di vino, voglia di bestemmiare...

lunedì 3 settembre 2012

Come vorrei....

Come vorrei...

Che sei per otto facesse duecentotredici,
che dieci diviso due facesse sempre dieci.


Come vorrei...


Che ogni domani fosse il giorno della svolta,
che ogni ieri il giorno piu' bello della vita,
che ogni oggi non finisse mai.....


Come vorrei....



giovedì 19 luglio 2012

La luce, il tempo, un abbraccio

Se il tempo corresse come un raggio di luce
e come la luce lasciasse traccia del suo passaggio,
potrei usare uno specchio per poterlo rivedere.

Attimi rivissuti, come immagini riflesse.

Attimi raccolti come fasci di luce,
momenti di vita, sfuggenti come un arcobaleno.

Inventerei lastre sensibili per imprimere quel tempo,
per conservare emozioni che potrebbero svanire.

E se potessi fotografare un attimo, come un arcobaleno,
allora sceglierei quell’ultimo abbraccio.

Perché avrei voluto fermare il cuore in quell’istante,
per tenere sospeso quell’ultimo battito.
Per raccogliere e conservare all’infinito
quell’intenso momento di estasi.

sabato 12 maggio 2012

Sensazioni di primavera

Era un bel giorno di primavera di qualche anno fa.
Il cielo era chiaro, come oggi, l'aria era fresca e pungente e il cielo non era l'unica finestra di blu.
Il blu più scuro e più denso era quello delle acque del lago che faceva contrasto con il verde acceso del prato appena rinfrescato dalla primavera.

In quel periodo eravamo un gruppo di amici che aveva l'abitudine di ritrovarsi in un prato a correre dietro un pallone, anche se ormai il pallone correva troppo veloce e spesso decideva in totale autonomia dove andare.
Quel giorno, quel pallone aveva assunto una dimensione molto piu' regale, gli amici si erano avventurati fino al prato vicino al lago per confrontarsi con altri e nuovi gruppi di amici.
E per festeggiare l'avvenimento si erano circondati degli affetti più cari.
C'ero anch'io in quel gruppo di amici. Io che amavo quel pallone molto più di quanto fossi stato in grado di controllarlo. Al punto da gioire più nel vedere l'arte di chi lo manovrava che non nell'entrare nel vivo.

Però mi piaceva partecipare. Sentire l'odore dell'erba, immergermi nel rumore e nell'odore delle stanze umide dove ci si cambiava.
Mi sentivo uno di loro senza esserlo. Ero felice di indossare una maglia con un numero, come quella di tutti gli altri. Facevo parte della squadra.

Quel giorno, poi, non ero solo.

C'era un bambina con i capelli biondi e un sorriso che avrebbe conquistato il mondo.
Anche lei partecipava rapita dall'atmosfera, con le mani aggrappate alla rete, a seguire il pallone e la gente che correva sul prato verde.
Quella bambina sapeva che li di fianco, tranquillo come il sole, il suo papà seguiva la stessa scena con lo stesso entusiasmo e forse con la stessa ingenuità.
E l'ultima cosa che quel padre avrebbe immaginato, era vedere la bimba avvicinarsi alla panchina sfoderando il suo miglior sorriso per rivolgersi all'amico allenatore: "Ennio lo fai entrare il mio papà, che così fa gol?"

Ricordo come fosse ora il viso divertito del mio amico "allenatore" e il sorriso nei miei confronti.

Ricordo come fosse ora il suo cenno e la fierezza con cui mi sono alzato e sono entrato nel campo.
E ricordo come fosse ora la sorpresa nel trovarmi il pallone che rimbalzava davanti a me, libero, senza ostacoli. E poi la brezza, il prato verde, due pali bianchi, un raggio di sole.....
Forse ho chiuso gli occhi, sicuramente ho trattenuto il respiro, poi è stato cosi' semplice e naturale spingerlo oltre quella riga bianca.

Ma ricordo soprattutto, come fosse ora, quella bimba che saltava per la gioia e urlava: "E' il mio papa'... è lui che ha segnato. Hai visto Ennio? Te lo avevo detto....."



sabato 28 aprile 2012

Orme e Ombre

Orme di una presenza passata,
....come
Ombre del passato sul presente

Orme regolari, storie di una vita,
....testimoni di 
Ombre fuggite al primo raggio di sole

Ombre di Orme, come bassorilievi senza spessore.

Orme di Ombre che scappano e lasciano tracce di niente.

mercoledì 21 marzo 2012

Giorgio

Aveva le spalle larghe.
Io me lo ricordo alto, molto alto anche da vecchio, anche quando io ero ormai piu’ alto di lui.
Aveva quello sguardo sempre pensieroso e quell’aria sempre imbronciata, spesso con lo sguardo fisso.

Sapeva pero’ aprirsi quando le cose semplici lo facevano felice. Ti sorrideva dietro il broncio e quel sorriso, così vero e genuino è l’immagine che porto con me.

Lui non è mai diventato vecchio, lui non mi ha mai lasciato veramente.
Sento ancora vicina la sua capacità di capirmi e di ascoltarmi, di difendere le mie scelte anche quando erano in contrasto con le sue.  

Sento la sua presenza, silenziosa ma carica di complicità.
Quel suo essere fiero di me.

Ho scoperto il suo mondo nelle cose che mi ha lasciato.

La busta con tutte le lettere che gli spedito nella mia vita.
La raccolta degli articoli di giornali che parlavano di me.
La copia della mia prima busta paga. L’originale della sua prima busta paga.
La foto di suo papa, mio nonno. Una sola.

E poi le sue agende.
Semplici, quasi frugali. Dove riportava giorno per giorno brevi e concise note della sua vita.
Il sole, la pioggia, le telefonate, la spesa, le visite dei nipoti, i malesseri, le discussioni….
Con la sua calligrafia, così singolare, così personale.

Mi ha lasciato i sui quadri.

E’ così che quel vuoto improvviso si è trasformato giorno per giorno in grande presenza, dentro di me, in ogni mio pensiero, in ogni sensazione.

Anche adesso lui è qui con me, al mio fianco, in silenzio, mentre insieme guardiamo l'infinito..