mercoledì 17 settembre 2025

Incontri


Non è solo fantasia, a volte le “porte temporali” esistono veramente, anche sotto i portici di Torino, città magica per storia e tradizione.

Sono porte che non vedi passando, che non esistono se non hai occhi attenti. Non le puoi cercare, le puoi solo trovare.
In un angolo di Torino senza nessuna pretesa, di fianco ad uno dei tanti portoni sabaudi, una piccola porta di vetro, oscurata dal tempo, senza nessuna insegna. Solo un piccolo campanello che forse è apparso al mio passaggio.
Un attimo di attesa e la porta si socchiude.
Compare Gino, cosi’ scopro che si chiama, Gino il sarto. Il sarto da sempre.
Camicia colorata, bretelle, cravatta scura. Ma soprattutto grandi baffi grigi ed enormi occhiali d'altri tempi.
Dietro alla porta un mondo di un tempo che fu. Piccolo e stretto, con vecchie fotografie alle pareti, un retro bottega con un enorme tavolo e poi tanti manichini senza testa, ma con giacche abbottonate che cadono alla perfezione. Tutte stirate con cura, alcune ancora con segni di gesso bianco, altre ancora senza maniche con cuciture di imbastitura.
E poi tessuti sugli scaffali, fantasie sabaude. Colori caldi, tenui, classici.
Porgo piu’ con imbarazzo che con pudore i miei pantaloni da aggiustare sotto lo sguardo di Gino che mi guarda come mi guarderebbe Michelangelo se gli chiedessi di imbiancarmi il salotto.
Ma Gino capisce il mio stupore, coglie la mia curiosità. E mi racconta…
“sapesse quanto lavoro ci sarebbe per i vestiti su misura, se ci fossero piu’ sarti come me..”
“Non ci crederà ma sono i piu’ giovani che cercano l’abito fatto a mano”

Mi accompagna verso l’interno e passando accarezza con una mano la spalla di una giacca grigia ormai terminata sul suo manichino.
Attratto da quel gesto passo una mano su un paio di “pezze di tessuto”, per sentire il calore della lana e rispettare la gerarchia: io il tessuto, lui la giacca finita.
Sorride quando gli dico che abito a due passi e mi racconta del “Conte” che abitava tanti anni fa in quel che probabilmente è il palazzo di casa mia.
“arrivava con il bastone, un signore senza età, che con un problema di ernia inguinale voleva il vestito perfetto, che nascondesse ogni difetto”. 
Lo vedo sospirare, colgo il ricordo di un tempo che non c’è più.
Quasi vorrei riprendermi i miei pantaloni industriali, ma ormai ha deciso che mi farà il lavoro, con la promessa che un giorno andro’ a farmi fare un vero vestito su misura, tutto per me.
Prende nota del mio numero di telefono, scrivendo grossi caratteri con la calligrafia che mi ricorda quella di mia nonna, dove il numero 3 sembra un capolettera di un manoscritto medioevale.
Rimaniamo ancora un attimo in silenzio, senza volerci veramente salutare, ma poi il portale temporale si illumina per richiamarmi nella Torino dei giorni nostri.
Intravedo l’ombra di Gino che torna nel retrobottega con il passo lento e il metro al collo.
Sorrido, tornero’.

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